Con Pietro Sarubbi

Sabato 14 Dicembre 2019 – ore 21:00

Auditorium Don Nello Palloni
Parrocchia San Barnaba
Via Cortese 115 – Perugia

Incontro – testimonianza con Don Francesco Cristofaro

Domenica 17 Novembre ore 15:00

Auditorium FIGC Perugia
Strada di Prepo, 1 – Perugia

Quanto sei scapolo nell’essere coniuge?

…Continuando con le 10 parole nella coppia…

Una Domenica al mese dalle 17:00 alle 19:00 da Ottobre a Maggio

L’Amore Genera

Domenica 27 Ottobre 2019 al Grand Hotel Adriatico di Montesilvano (PE)

Questo il programma:

  • Ore 9.15 – Accoglienza
  • Ore 09.30 – Saluti e presentazione della giornata
    • Barbara e Felice Scarlatella
    • Giulia Paola e Attilio Danese
    • don Emilio Lonzi
    • Carlo Fusco
  • Ore 10.30 – Pausa caffè
  • Ore 10.45 – “L’Amore Genera”
    • Introduzione al tema: Nica e Giuseppe Maldera
    • Relazione: Maria e Raimondo Scotto
  • Ore 12.00 – Riflessioni per Gruppi
  • Ore 13.00 – Pranzo
  • Ore 15.00 – Testimonianze:
    • Annamaria e Gaetano Puglielli
    • Isa Maggi
  • Ore 16.15 – Condivisione delle riflessioni per Gruppi
  • Ore 16.45 – Santa Messa
    • Presieduta da S. E. Mons. Tommaso Valentinetti

Hai mai pensato a ringraziare il tuo Dio per il gran dono della creazione? Nulla di quanto è, e tutto quanto esiste fu tratto dal nulla e fu creato per un grande atto di amore verso tutti noi e per te in particolare, come, per ciascun uomo. (dalle meditazioni di Maria “Il libro della Giovane”)

Hai mai pensato di ringraziare il tuo Dio per il dono sublime della vita? La vita di questo mondo non è altro che il dono della felicità eterna, purchè sia vissuta la rispondenza allo scopo che il Signore le ha attribuito nel donarcela. (dalle meditazioni di Maria “Il libro della Giovane”)

Sono nata e vissuta in Venezuela con la mamma e fratelli. Lì ho conosciuto mio marito Gabriel. Ci siamo sposati, abbiamo avuto il nostro primo figlio, Eddy,  e abbiamo trovato lavoro in una Banca nella città di… Quando Eddy aveva… anni, ci ha raggiunto la notizia che mio padre, che viveva in Italia (perché?) si era gravemente ammalato e aveva bisogno di cure.  Di comune accordo, mio marito ed io abbiamo deciso di trasferirci in Italia per assisterlo, come abbiamo fatto fino alla morte. Eddy ha preferito restare in Venezuela, anche perché mia mamma aveva un albergo lì e lui aveva un lavoro assicurato.

Per noi in Italia non è stato facile. Eravamo disposti a ogni tipo di lavoro, ma non era pensabile di trovare lavoro in banca, non avevamo conoscenze né titoli di studio adeguati. Per di  più io ero straniero. In attesa di un lavoro stabile che non veniva, mi sono messo a fare quel che capitava: imbianchino, badante, muratore, trasportatore, cameriere…

Io ho cominciato a lavorare ad ore presso le famiglie, dove mi capitava. Spesso il lavoro veniva mancare e le bollette si accumulavano. Inoltre erano nati altri due figli, Marianna e Gabriellino, accolti con gioia. Dovevamo   portare avanti la famiglia ad ogni costo. Abbiamo cercato di non badare a ciò che gli altri avevano e ad essere felici di ciò che Dio aveva dato a noi: l’amore reciproco, l’aiuto solidale in ogni circostanza,i figli, la casa.

Anche se non avevamo alcuna sicurezza, avevamo debiti, la salute era incerta, non ci sono mancate mai la Provvidenza e la fiducia di potercela fare. Le persone amiche si meravigliavano di vederci contenti, specialmente quelle  presso le quali andavamo a lavorare, a cui non dicevamo le reali difficoltà in cui si trovava la nostra famiglia.

Un anno fa una sorpresa che ci ha colmato di gioia: sono stata assunta come cuoca in un asilo e poco tempo dopo, è stato assunto anche mio marito a tempo parziale. La felicità è stata grande. Ora che la situazione familiare sembra  più stabile, la situazione politica ed economica del Venezuela va peggiorando. Nostro figlio, ormai sposato ha una bimba di 4 anni.

La nostra nipotina lontana si chiama Veronica e nostro figlio ci ha spiegato che  dopo il nostro viaggio in Venezuela, aveva sofferto e pianto per la nostra partenza,  così aveva pensato di dare alla figlia il nome della Veronica che asciugava le lacrime a Gesù quando saliva al Calvario.

Eddy ci telefona ogni giorno e racconta le difficili condizioni di vita per tutti i venezuelani  e per la sua famigliola, a causa della fortissima crisi, della mancanza di cibo e di medicine. Ci siamo chiesti se forse avevamo fatto male a permettere a Eddy di restare là… Ora che fare? Cerchiamo di incoraggiarlo, di mandargli ciò di cui ha bisogno.  Infine abbiamo capito che l’unica strada per loro era tornare in Italia, benché anche qui c’è la crisi. Siamo di nuovo in una situazione che sembra chiusa. Come trovare per Eddy un lavoro? Come pagare la casa? Innanzitutto è difficile espatriare, soprattutto per la moglie che ha la sola cittadinanza venezuelana… 

Non sappiamo come andrà a finire, ma se riusciamo a goderci questa giornata con voi, a non perdere la gioia, è perché siamo certi che il nostro Padre celeste provvederà anche questa volta come ha fatto costantemente con noi.

Giulia Paola Di Nicola – Attilio Danese


“Non c’è che una sola tristezza… quella di non essere santi”

Se un amico ci scrive una lettera, la leggiamo con attenzione, tanto più se si tratta del Papa, che si è impegnato in questo compito a servizio di tutta la Chiesa. E’ bene farne tesoro, rileggendo il nostro stile di vita alla luce di questa ‘esortazione’ che coniuga santità e gioia. Si percepisce un tono di famiglia, a cominciare dalla data di pubblicazione: 19 Marzo, San Giuseppe, un santo che ha dedicato tutta la sua vita alla cura della famiglia di Gesù, con uno spirito di servizio che inaugura una nuova maschilità, libera dagli attributi del dominio: Giuseppe ci viene presentato come mite, casto, silenzioso.

Un grande dono di cui non rendiamo grazie abbastanza, è la fede, quale ci è stata testimoniata da “nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine” (GE, 3) e che accomuna tutti i figli di Dio. Non è bene attribuire la santità solo o prevalentemente a vescovi, sacerdoti, religiosi. “Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto, nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere”. Tale spirito evangelico rifugge dall’intellettualismo di chi pretende di approcciare la fede con l’intelligenza oppure punta tutto sulla volontà (volontarismo). Ciò che importa è fare spazio alle ispirazioni, che attimo dopo attimo, vengono alla nostra mente dall’alto e ci fanno riconoscere: “qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la nostra vita” (24).

La famiglia in qualche modo ci ‘costringe’ ad esercitare tutte le virtù. a “dispensare fruttuosamente ciò che si possiede e che si è ricevuto proprio perché fosse dispensato” (46).
Per favorire l’armonia impariamo a distaccarci da oggetti, persone e progetti, facendo nostro l’atteggiamento raccomandato da Sant’Ignazio di Loyola (indifferentia ad omnia): “Non desiderare da parte nostra più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l’onore che il disonore, più la vita lunga che quella breve” (69).

“La santificazione è un cammino comunitario”. Perciò Papa Francesco sottolinea che “In varie occasioni la Chiesa ha canonizzato intere comunità… ci sono molte coppie di sposi sante, in cui ognuno dei coniugi è stato strumento di santificazione dell’altro. Vivere e lavorare con altri è senza dubbio una via di crescita spirituale” (141). Egli indica San Benedetto e la sorella Scolastica, Sant’Agostino e la mamma Monica per dimostrare che il legame familiare non è di ostacolo, anzi può esaltare quello spirituale. Per i nostri Maria e Luigi, tutto era importante se fatto nell’amore. Essi davano valore ad ogni attimo della giornata: “La vita comunitaria in famiglia, in parrocchia, nella comunità religiosa… è fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani. Questo capitava nella comunità santa che formarono Gesù,Maria e Giuseppe dove è rispecchiata in modo paradigmatico la bellezza della vita trinitaria.

Ed è anche ciò che succedeva nella vita comunitaria che Gesù condusse con i suoi discepoli e la gente semplice del popolo” (143).

In famiglia la cura dell’altro non è meno importante della preghiera. Significativo l’episodio, che Papa Francesco ama ricordare di Teresina 2 : “Una sera d’inverno compivo come al solito il mio piccolo servizio… ad un tratto udii in lontananza il suono armonioso di uno strumento musicale: allora mi immaginai un salone ben illuminato tutto splendente di ori, ragazze elegantemente vestite che si facevano a vicenda complimenti e convenevoli mondani, poi il mio sguardo cadde sulla povera malata che sostenevo: invece di una melodia udivo ogni tanto i suoi gemiti lamentosi… Non posso esprimere ciò che accadde nella mia anima, quello
che so è che il Signore la illuminò con i raggi della verità che superano talmente lo splendore tenebroso delle feste della terra, che non potevo credere alla mia felicità” (145).

A fronte di questa ferialità “Alcuni, per pregiudizi spiritualisti, pensano che la preghiera dovrebbe essere una pura contemplazione di Dio, senza distrazioni, come se i nomi e i volti dei fratelli fossero un disturbo da evitare…” (154). “Potremmo pensare che diamo gloria a Dio solo con il culto e la preghiera, o unicamente osservando alcune norme etiche … dimentichiamo che il criterio per valutare la nostra vita è anzitutto ciò che abbiamo fatto agli altri. La preghiera è preziosa se alimenta una donazione quotidiana” (104) e dunque se fa vedere in ogni prossimo il volto di Dio. Ciò vale specialmente per quelli che siamo tentati di vedere come un “fagotto… un imprevisto che intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono risolvere i politici, e forse anche un’immondizia che sporca lo spazio pubblico” (98). Al contrario “con gli scarti di questa umanità vulnerabile alla fine del tempo il Signore plasmerà
la sua ultima opera d’arte” (61).

“Non è sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro… ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio… Forse che lo Spirito Santo può inviarci a compiere una missione e nello stesso tempo chiederci di fuggire da essa, o che evitiamo di donarci totalmente per preservare la pace interiore? Tutto… entra a far parte del cammino di santificazione” (26-27).
“Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa” (14). Se la preghiera non può essere una fuga dall’altro, tuttavia ogni comunità, famiglia o istituto religioso, si rafforza se si fanno tacere di tanto in tanto le altre voci e si dà spazio alla preghiera che fa risuonare nel silenzio la voce di Dio che con la sua Grazia ci fa sentire costantemente e immeritatamente amati.

La pazienza si coniuga con l’intelligenza creativa, alla ricerca della propria originalità nel vivere il Vangelo, giacché ciascuno riflette un aspetto specifico delle parole di Gesù. Non si dovrebbero imitare in tutto e sempre dei modelli che ci appaiono perfetti e copiare i santi, perché “la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro”. Del resto “Non tutto quello che dice un santo è pienamente fedele al Vangelo, non tutto quello che fa è autentico e perfetto. Ciò che bisogna contemplare è l’insieme della sua vita” (22).

Generalmente non si pensa che la santità si abbini con l’umorismo, di cui abbiamo tanto bisogno per rallegrare i momenti dei pasti, dello svago, del racconto delle esperienze e per sbollentare certe tensioni e far spuntare il sorriso che sembrava scomparso. “Il malumore non è un segno di santità” (126), come pure la tristezza di chi si chiude in sé ed è incapace di gioire dei doni di Dio. Un santo si riconosce anche dalla sua capacità di sorridere. “Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza” (122). Al contrario Papa Francesco ci mette in guardia dal Maligno ingannatore che avvelena la vita “con l’odio, la tristezza, l’invidia, i vizi. E così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, le nostre famiglia e le nostre comunità” (161).

“Figlio… trattati bene… Non privarti di un giorno felice” (Sir 14, 11.14). “Nel giorno lieto sta’ allegro… Dio ha creato gli esseri umani retti, ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni” (Qo 7, 14,29). Famosa la preghiera di San Tommaso Moro: “Dammi Signore, una buona digestione, e anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo, con il buon umore necessario per mantenerla… Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa tanto ingombrante che si chiama ‘io’. Dammi Signore il senso dell’umorismo. Fammi la grazia di capire gli scherzi, perché abbia nella vita un po’ di gioia e possa comunicarla agli altri. Così sia”.

Ciascuno dovrebbe contribuire ad accendere la gioia, evitando lo “spirito inibito, triste, acido, malinconico” di chi non sa guardare con misericordiosa tenerezza alle
manchevolezze degli altri. La famiglia non è un paradiso in terra; richiede di non arrendersi al negativo e lottare contro i rischi ricorrenti: “l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita, la negatività e la tristezza, l’accidia comoda, consumista ed egoista, l’individualismo e tante forme di falsa spiritualità” (111).
Un’ulteriore gradita e inaspettata pennellata Francesco la dà a proposito di una ‘sana cultura dell’ozio’. Ovviamente non si tratta di promuovere lo svago superficiale ma di concedersi il tempo da passare allegramente con gli altri (nota 29 del par. 30). Il tempo libero va valorizzato vivendolo nella comunione fraterna. La carità non è una “ideologia” (che trasformerebbe il Vangelo in una ONG) e neanche va identificata con forme di gnosticismo e pelagianesimo, ossia con “l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa… In tutto ciò alcuni cristiani spendono il loro tempo invece di lasciarsi condurre dallo Spirito sulla via dell’amore, invece di appassionarsi per comunicare la bellezza del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense moltitudini assetate di Cristo. Molte volte, contro l’impulso dello Spirito, la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi… si riduce e si reprime il Vangelo togliendogli la sua affascinante semplicità”.

Nei momenti di tensione in famiglia, per mantenere l’unità dobbiamo calibrare le parole, i silenzi, le azioni valutando le possibili reazioni del marito, della moglie, dei figli. L’unità tuttavia non si alimenta “appiattendosi sulle idee e i comportamenti degli altri, anzi esprimendo con franchezza il proprio punto di vista, senza irrigidirsi sulle proprie idee e rispettando quelle di tutti. Anche quando si difende la propria fede… bisogna farlo con mitezza… Nella Chiesa tante volte abbiamo sbagliato per non aver accolto questo appello della Parola divina”(73). Tali indicazioni ci sono indispensabili per vivere in contesti ormai sempre meno evangelizzati, in cui abbondano separazioni, divorzi, fughe dei figli, suicidi, femminicidi. Egli scrive che “Non è bene complicare il Vangelo e farsi schiavi di schemi” sottomettendo “la vita della Grazia a certe strutture umane” 5 . Ci ricorda la raccomandazione di S. Tommaso alla moderazione nell’aggiungere alla linearità del Vangelo precetti che
renderebbero “gravosa la vita ai fedeli”. Al centro deve sempre stare la carità. Gesù infatti “non ci consegna due formule o due precetti in più. Ci consegna due volti o meglio uno solo, quello di Dio che si riflette in molti” (61).

L’invocata flessibilità nasce dal rispetto della unicità delle storie di vita: “Non si tratta di applicare ricette o di ripetere il passato, poiché le medesime soluzioni non sono valide in tutte le circostanze e quello che era utile in un contesto può non esserlo in un altro. Il discernimento degli spiriti ci libera dalla rigidità, che non ha spazio davanti al perenne oggi del risorto. Unicamente lo Spirito sa penetrare nelle pieghe più oscure della realtà e tenere conto di tutte le sue sfumature, perché emerga con altra luce la novità del Vangelo” (173). E’ normale avere dubbi e mancare di risposte alle domande che si affollano. Staremmo del resto a disagio in una cristianesimo senza mistero. Vi sono problemi che devono restare senza riposte, perché Dio ci supera infinitamente. “Voglio ricordare che nella Chiesa convivono legittimamente modi diversi di interpretare molti aspetti della dottrina e della vita cristiana che nella loro varietà ‘aiutano ad esplicitare meglio il ricchissimo tesoro della Parola’” (43).

Già in Vita consacrata (1996) il Papa aveva scritto che la dottrina: “non è un sistema chiuso, privo di dinamiche capaci di generare domande, dubbi, interrogativi e le domande del nostro popolo, le sue pene, le sue battaglie, i suoi sogni, le sue lotte, le sue preoccupazioni, possiedono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione. Le sue domande ci aiutano a domandarci, i suoi interrogativi ci interrogano” (44). Con tutti dobbiamo dialogare guardando con tenerezza ai limiti nostri e altrui. “Tutti noi siamo un esercito di perdonati. Se… affiniamo l’udito probabilmente sentiremo qualche volta questo rimprovero: ‘Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno così come io ho avuto pietà di te?”, Mt 18,33” (82). Alimentiamo la gioia facendoci operatori di pace, non come quiete piatta: inevitabilmente tra le persone si accende qualche litigio. Si tratta di “trasformare (i conflitti) in un anello di collegamento di un nuovo processo” (89).

La pace si costruisce bene-dicendo: vi è una violenza verbale che esercitiamo quando ascoltiamo indifferenti “diffamazione e calunnia” senza rispetto per il buon nome, lasciando che si distrugga “l’immagine altrui senza pietà… Il santo non spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui, è capace di fare silenzio davanti ai difetti dei fratelli… perché … li considera ‘superiori a se stesso… Non ci fa bene guardare dall’alto in basso, assumere il ruolo di giudici spietati, considerare gli altri come indegni e pretendere continuamente di dare lezioni. Questa è una sottile forma di violenza’” (115-16-17). “Quando sento qualcosa su qualcuno e vado da un altro e glielo dico; e magari faccio una seconda versione un po’ più ampia e la diffondo. E se riesco a fare più danno, sembra che mi procuri più soddisfazione. Il mondo delle dicerie, fatto di gente che si dedica a criticare e distruggere, non costruisce la pace. Questa gente è piuttosto nemica della pace e in nessun modo beata” (87).
La gioia si sposa con l’umiltà e con il riconoscimento realistico delle fragilità, in modo da: “fare quello che puoi e chiedere quello che non puoi”, come sottolinea
Sant’Agostino. S’impara subendo umiliazioni, sin da piccoli. “L’umiltà può radicarsi nel cuore solamente attraverso le umiliazioni… La santità che Dio dona alla sua Chiesa viene mediante l’umiliazione del suo Figlio: questa è la via… umiliazioni quotidiane di coloro che sopportano per salvare la propria famiglia, o evitano di parlare bene di se stessi e preferiscono lodare gli altri invece di gloriarsi, scelgono gli incarichi meno brillanti, e a volte preferiscono addirittura sopportare qualcosa di ingiusto per offrirlo al Signore” (118-119).
Giovanni della Croce raccomandava: “Rallegrati del bene degli altri come se fosse tuo, cercando sinceramente che questi siano preferiti a te in tutte le cose” (117).

Umili ma al contempo audaci: “Abbiamo bisogno della spinta dello Spirito per non essere paralizzati dalla paura e dal calcolo, per non abituarci a camminare solo entro confini sicuri. Ricordiamoci che ciò che rimane chiuso alla fine odora di umidità e ci fa ammalare… Dio non ha paura! Va sempre al di là dei nostri schemi e non teme le periferie… Chiediamo al Signore la grazia di non esitare quando lo Spirito esige da noi che facciamo un passo avanti; chiediamo il coraggio apostolico” (133-139). Qui troviamo una delle apparenti contraddizioni del Vangelo: “Si tratta di non avere limiti per la grandezza, per il meglio e il più bello, ma nello stesso tempo di concentrarsi sul piccolo, sull’impegno di oggi” (169).

Tutti i cristiani, istruiti o incolti, ricchi e poveri, chiedono il dono del discernimento, per riconoscere i segni della Grazia e non sprecare le ispirazioni. “Senza la sapienza del discernimento possiamo trasformarci facilmente in burattini alla mercé delle tendenze del momento” (167). I genitori ne hanno estremo bisogno per “intravedere il mistero del progetto unico e irripetibile che Dio ha per ciascuno e che si realizza in mezzo ai più svariati contesti e limiti… E’ in gioco il senso della mia vita davanti al Padre… non basta che tutto vada bene, che tutto sia tranquillo. Può essere che Dio ci stia offrendo qualcosa di più e nella
nostra pigra distrazione non lo riconosciamo” (170-1). Il discernimento ci fa vedere lontano e attendere i tempi di Dio che “non sono mai i nostri. Lui non fa’scendere fuoco sugli infedeli’ né permette agli zelanti di ‘raccogliere la zizzania’… la felicità è paradossale e ci regala le migliori esperienze quando accettiamo quella logica misteriosa che non è di questo mondo… Colui che diede tutto dà anche tutto e non vuole entrare in noi per mutilare o indebolire, ma per dare pienezza” (174-175).

E’ bene ricordarsi di non pretendere di essere perfetti e che gli altri lo siano. Dobbiamo mettere in conto che anche tra persone che si vogliono bene, ci si ferisce prima o poi. Ciascuno deve esercitarsi nella pazienza verso il coniuge, i figli, se stessi, non alimentare una fiduciosa attesa di cambiamento. I tempi per maturare sono diversi e “la Grazia agisce storicamente… ci prende e ci trasforma in modo progressivo. Perciò, se rifiutiamo questa modalità storica progressiva, di fatto possiamo arrivare a negarla e bloccarla, anche se con le nostre parole la esaltiamo” (50). La “santità cu ci invita Papa Francesco è quella della porta accanto”, della “classe media” (GE, 6-7), flessibilmente a misura di ogni persona. La si può scoprire negli ambienti meno esplicitamente ‘sacri’, anche in persone fuori dalla Chiesa cattolica (GE, 9). Tutti sono chiamati a vivere la vita ordinaria in modo straordinario.

Una speciale beatitudine di Gesù conferma la santità: “Beati i perseguitati”. Il mondo non vuole piangere… Si spendono molte energie per scappare dalle situazioni in cui si fa presente la sofferenza, credendo sia possibile dissimulare la realtà, dove mai, mai può mancare la croce” (75). Bisogna sapere che se ci si allontana dalla mediocrità e con la propria vita si mette in discussione la società si dà fastidio. Vi può essere persecuzione “in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, o in modo più sottile, attraverso calunnie e falsità… scherni che tentano di sfigurare la nostra fede e di farci passare per persone ridicole” (94). Siamo beati se nonostante le avversità riusciamo a conservare la pace. A. Con Papa Francesco chiediamo la gioia per le nostre famiglie a Maria: “Lei non
accetta che quando cadiamo rimaniamo a terra e a volte ci porta in braccio senza giudicarci. Conversare con lei ci consola, ci libera e ci santifica. La madre non ha bisogno di tante parole, non le serve che ci sforziamo troppo per spiegarle quello che ci succede. Basta sussurrare ancora e ancora ‘Ave Maria’” (176).

ANCHE PER TE

Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali.[GAUDETE ET EXSULTATE]

 La sede della Santità sta nella gioia perché questa è la certezza di una pienezza!

Esiste però un passaggio, anzi un tempo, perché si compia un viaggio che passa da questa terra alla meta di tutti: il cielo!!

La meraviglia di questo tempo è il come viverlo, anzi il come rispondere alla chiamata a cui siamo stati convocati.

I coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi hanno lasciato, in eredità, a noi ,questa risposta alla chiamata ricevuta e lo hanno fatto nella loro vita ordinaria, in una famiglia con quattro figli.

Sei sposato?

L’ESORTAZIONE APOSTOLICA “GAUDETE ET EXSULTATE” DEL SANTO PADRE FRANCESCO SULLA CHIAMATA ALLA SANTITA? NEL MONDO CONTEMPORANEO dice che la tua Santità dipenderà dall’amore verso il tuo coniuge che dovrà essere il medesimo con cui Cristo ha amato la Chiesa.

I Beati Luigi e Maria sono stati la prima coppia portata agli onori degli altari da S. Giovanni Paolo II, come coniugi e non come singoli. La loro Santità è quella dell’ordinario, della vita di tutti i giorni.

Che grande novità il fatto che attraverso il Sacramento del Matrimonio una coppia diventa Santa in quanto Coppia!

Proprio per questo, come ogni anno, l’Associazione A.Mar.Lui., legata alla spiritualità dei Beati Maria e Luigi festeggia con  un convegno nazionale che nella norma si vive il 25 novembre.

Si è scelta questa data perché nel 1905 fu celebrato il loro matrimonio nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

Quest’anno invece l’ottavo convegno sara il 13 ottobre 2018 con la presenza straordinaria di PADRE RANIERO CANTALAMESSA che spezzerà per noi le sue bellissime parole sulla  Gioia così contagiosa da far di tutti noi un popolo in cammino verso la Gerusalemme Celeste. L’evento si svolgerà nella diocesi di Perugia in comunione con la diocesi di Pescara-Penne.

L’Associazione fu fondata appunto a Pescara ma sono nate tante  sezioni della stessa, in tutta Italia e nel mondo, e questo permette di poter realizzare questi eventi in vari luoghi realizzando quella chiesa in uscita tanto  desiderata dal Santo Padre .

I presidenti dell’Associazione nazionale, i coniugi Giulia Paola e Attilio Danese, con la loro sapienza spirituale  ci diranno che: “NON C’È CHE UNA SOLA TRISTEZZA, QUELLA DI NON ESSERE SANTI”.

Ci saranno testimonianze, momenti di preghiera e l’insegnamento prezioso di P. Cantalamessa .

Con questo spirito e con la gioia del cuore condividiamo questo appuntamento per il quale   auspichiamo una numerosissima partecipazione.

VIII Convegno Nazionale AMARLUI

Festa della Famiglia 2018

Sabato 24 Febbraio 2018 , la sala della Parrocchia S. Leonardo Abate in Cerignola, preparato per l’incontro di formazione di Azione Cattolica non era “sold out, ma sebbene non affollata , c’era un clima d’ascolto attento, sereno, empatico.
La relatrice, Nica , ha immediatamente tirato “fuori di noi”, dagli impegni e dalla routine vissuti nella domenica: una persona convinta ed innamorata di quanto annunciava, o meglio, proclamava.
…..Una voce alta, forte ma suadente, una competenza ed una preparazione, che appartiene solo a chi riesce a parlare al cuore degli umili e dei dotti, di chi ti sa attraversare la vita avendo a disposizione solo sessanta minuti…..perché ha lasciato che lo Spirito attraversasse la sua vita.

Si alternava, nell’esposizione, con suo marito Pippo, o meglio col suo sposo:una persona dai toni gentili, tranquilli che ben compensava lo slancio sorridente ed accattivante di “lei”.
Senz’altro anche loro si erano messi ” in cammino”, sperimentando l’ideale di santità vissuto dagli sposi Beltrame Quattrocchi, di cui avevano conosciuto l’ultima figlia , ultra novantenne, Enrichetta.
Avevano come “viatico”,nella loro fatica di oratori-testimoni, opere composte di lettere e pensieri , che tracciavano la biografia e la spiritualità di una famiglia ” santa ” , particolarmente benedetta e sottomessa alla volontà del Padre.

Uno dei punti caldi dell’incontro:l’ideale di Bellezza. La bellezza intesa come cura delle piccole cose, dell’amore per l’ordine ed il decoro della casa ,del luogo di lavoro o di volontariato, al servizio e decoro del tempio , casa di Dio.
L’ideale di gentilezza nello stile della comunicazione, di sobrietà nei costumi, l’ideale della preghiera in famiglia che accomuna e cementa il rapporto di coppia; ideale di servizio sociale, politico , di evangelizzazione.
Ideale di saper andare :controcorrente”, come tanti padri e profeti della Sacre Scritture……
Siamo tornati a casa con un unico messaggio: FATE CHE ANCHE LA VOSTRA CASA SIA UNO SPICCHIO DI PARADISO.

CRISTIANI: CITTADINI AUTENTICI

Sulle orme di Maria e Luigi

Sala Giulio CesareCampidoglio – Roma25 novembre 2011 ore 16,00

Buon pomeriggio a tutte e tutti e grazie per essere venuti in questa bella sala, gentilmente messa a disposizione dal Comune di Roma, così carico di storia, da vicino e lontano (Roma, Pescara, Teramo, Ischia, Cortona, Acerra…). In particolare ringraziamo:

 L’on. Marco Pomarici che come presidente dell’Assemblea Capitolina ci accoglie a casa sua

  1. Il Delegato per le Rappresentanze Pontificie, Nunzio Apostolico  S.E. Mons. Luciano Suriani, che ci porta il saluto della Chiesa Universale

Il Direttore del Centro per la Pastorale Familiare del Vicariato di Roma, Mons. Paolo Mancini, che ci porta il saluto della Diocesi  di Roma

L’avv.  Carlo Fusco, postulatore della causa di canonizzazione, che  ha molto lavorato per la buona riuscita di questo incontro

I relatori:

– Giorgio Campanini, Università di Parma

– Maria Voce-Emmaus, Presidente del Movimento dei Focolari

– Salvatore Martinez, Presidente del Rinnovamento nello Spirito

– Antonio Conte, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Dulcis in fundo: Enrichetta Beltrame Quattrocchi, a cui lasceremo la parola finale.

Abbiamo voluto fortemente incontarci con tutti voi oggi, 25 Novembre, giorno del matrimonio di Maria Corsini e Luigi Beltrame Quattrocchi, e memoria liturgica dei beati. E’ un modo per festeggiare e far conoscere la nuova associazione denominata “AMARLUI”, determinata a infondere  vita e pensiero positivi nella società e nella Chiesa, semi di bene, sull’esempio di Maria e Luigi, cittadini di Roma, che intendiamo far conoscere e amare attraverso manifestazioni, convegni culturali e spirituali, ricerche e pubblicazioni scientifiche e di divulgazione. 

Non dimentichiamo quanto ci ha detto dieci anni fa il beato Giovanni Paolo II il 21 ottobre 2001, giorno della beatificazione di Maria e Luigi: “Ogni giorno io prego il Signore perché aiuti tante famiglie ferite dalla miseria e dall’ingiustizia e faccia crescere la civiltà dell’amore. Carissimi, la Chiesa confida in voi, per affrontare le sfide che l’attendono in questo nuovo millennio. Tra le vie della sua missione, “la famiglia è la prima e la più importante” (Lettera alle Famiglie, 2); su di essa la Chiesa conta, chiamandola ad essere “un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato” (ivi, 16). Sono certo che sarete all’altezza del compito che vi attende, in ogni luogo e in ogni circostanza. Vi incoraggio, cari coniugi, ad assumere pienamente il vostro ruolo e le vostre responsabilità”.

  1. Il titolo del  nostro convegno: “Cristiani. Cittadini autentici” è una risposta a questo invito ad assumere pienamente il ruolo e la responsabilità che ci vengono richiesti. Maria e Luigi sono stati cristiani,  sposi innamorati, laici, cittadini attivi nelle tante attività sociali, assistenziali, caritative,  portate avanti in prima persona, dal comportamento esemplare. La probità di Luigi, vice avvocato generale dello Stato, è stata esemplare e ha saputo ispirare nei figli  il rispetto delle istituzioni, della democrazia e delle sue, a partire dalla proibizione di usare la macchina di Stato…
  2.  L’amore di questi coniugi per l’Italia e per Roma è un monito per noi. Maria ha scritto rivolgendosi ai giovani: “Voi, giovani carissimi, non temete: amate l’Italia nostra che l’amore e la generosità hanno mille volte redenta col proprio sangue, per farla libera e una”. In particolare Maria considera una Grazia vivere a Roma: «Nascer cattolico… presso la culla della religione, ai piedi della cattedra di Pietro. Dopo che il cattolicesimo circola da secoli nelle vene dei miei Padri; che il sangue di centinaia di migliaia di martiri ha fecondato questa terra ormai sacra… lasciando orme profonde e incancellabili… ed io calco queste orme, respiro e vivo in quest’atmosfera, mi abbevero di quest’acqua che zampilla per la vita eterna».

Da Maria e Luigi l’associazione “AMARLUI” vuole raccogliere l’aspirazione a camminare verso la pienezza umana e cristiana di ciascuno seguendo la via dell’amore e della cittadinanza attiva. L’associazione è nata  a Pescara il 18 Giugno 2010, con un respiro internazionale, dotata di personalità giuridica, approvata dal Vescovo di Pescara-Penne, mons. Tommaso Valentinetti, con l’intento di operare al servizio delle famiglie, nella Chiesa e nella società, a sostegno dell’itinerario umano e spirituale dell’amore sponsale e della missione genitoriale.

Per il primo quinquennio a presiedere  legalmente l’associazione sono stati chiamati due coniugi, in sintonia col desiderio del Papa di dimostrare, attraverso la beatificazione  di Maria e Luigi, primi nella storia della Chiesa, che il matrimonio è un bene in sé, risponde al disegno originario del Creatore 

“Quando Dio ha creato, ha plasmato una famiglia. Quando si è incarnato, si è circondato di una famiglia. Quando Gesù ha iniziato la sua missione ed ha manifestato la sua gloria, stava festeggiando una famiglia –   ricordava Chiara Lubich nel Familyfest di trent’anni fa al Palaeur – Basterebbe ciò per comprendere cos’è la famiglia nel pensiero di Dio” (Roma, 3 maggio 1981).

Anche per questo lo statuto di AMARLUI stabilisce che sarà sempre una coppia unita sacramentalmente in matrimonio a presiedere l’associazione, come un segno di maturità laicale e di ricomposizione della scissione che si riscontra nelle prime pagine di Genesi  tra Adamo ed Eva, tra uomini e donne, genitori e figli, tra fratelli, tra terra e cielo, tra eros e agape. 

Presidente onorario a vita è Enrichetta, la quarta figlia della splendida famiglia romana, dopo  don Tarcisio (Filippo), sacerdote diocesano, tanto compianto dall’AGESCI (che ringraziamo per il servizio di accoglienza che ci stanno offrendo oggi), Cecilia, monaca benedettina a Milano (Fanny), Padre Paolino (Cesare), trappista delle Frattocchie.

  1.  Se l’associazione è rivolta soprattutto a sposi e fidanzati, essa però è aperta a tutti quanti (singoli, sacerdoti, religiose e religiosi) intendono alimentare uno spirito di famiglia nella Chiesa e nella società, stare vicini alle famiglie e alle loro necessità,  dare il proprio contributo perché nascano piccoli gruppi dal basso, liberamente uniti in comunità, in sintonia con gli obiettivi statutari dell’Associazione. 

In particolare, vorremmo che contribuisse a potenziare:

  • la conversione permanente della vita di ciascuno, nel cammino di assimilazione al  Cristo, fonte dell’amore
  • la promozione di una spiritualità di comunione, indispensabile all’unità degli sposi, nutrita di amore, di rispetto  e di obbedienza reciproca
  • il sostegno ad una spiritualità laicale, tipica della ferialità della vita matrimoniale, in unità e distinzione rispetto alle altre vocazioni, senza escludere quanti si trovano a vivere situazioni difficili di conflitto, separazione, abbandono;
  • la valorizzazione dell’incontro tra “eros” e “agape” (Benedetto XVI), senza confonderli né contrapporli;
    •  
  • la disponibilità a fare della propria vita un dono a servizio del prossimo e delle famiglie, sulla scia di Maria e Luigi e delle coppie di sposi santi, più noti o sconosciuti;
  • l’accoglienza di ciascuna persona così com’é, nelle situazioni materiali e morali in cui si trova a vivere,  imparando da tutti, interrogandosi insieme sul senso degli eventi, nello spirito della fraternità universale;
  • la vita delle piccole comunità in cui si alimenta l’amicizia, educandosi all’amore umano e cristiano
  • Il potenziamento del compito educativo dei genitori, fondamentale in un periodo di “urgenza educativa”, da focalizzare soprattutto sulla testimonianza di amore coniugale, sulla coerenza  di vita, sull’aggiornamento e il dialogo, nel rispetto dei ruoli genitoriale e filiale. 
  • La promozione della gratitudine filiale, come contrappeso ad una cultura centrata sull’espansione dell’io, sulle rivendicazioni spesso accusatorie nei confronti dei genitori;
  • La partecipazione attiva degli sposi, in quanto coppia, nei campi della cultura, della carità e dell’impegno sociale, secondo i ritmi e le possibilità di ciascun nucleo.
  • Per entrare in rete, occorre condividere questo spirito che si riassume nell’impegno alla formazione permanente all’amore reciproco, immagine dell’amore divino. Quanti vogliono aderire sono bene accolti come costruttori dell’associazione, grazie alla gentile disponibilità di Barbara e Felice, che operano instancabilmente nella segreteria dell’associazione.

Questa sera alle 21,00 ci raduneremo alla Domus Mariae, insieme ai partecipanti al convegno CEI sui 30 anni della Familiaris consortio. Insieme potremo assistere al recital  “Un’aureola per due”.  Avremo modo così di gustare il racconto delle tappe della vita della famiglia Beltrame Quattrocchi e le parole lasciate ai figli, le stesse che vogliamo oggi riascoltare a assumere per noi come una benedizione per l’Associazione nascente: 

“Che la vostra vita, di momento in momento, si perfezioni sempre di più. Non a caso Gesù ci ha donato tante grazie, Egli, che amandoci d’amore gratuito e infinito, aveva su ciascuno di noi disegni di carità. Così mi darete una gioia ineffabile di cui Dio vi compenserà largamente e Papà ed io dal Cielo, vi benediremo”.

Discorso di GIulia Paola Di Nicola e Attilio Danese

CRISTIANI: CITTADINI AUTENTICI

Sulle orme di Maria e Luigi
Traccia di discorso di Emmaus

Sala Giulio CesareCampidoglio – Roma25 novembre 2011 ore 16,00

Saluto l’on. Marco Pomarici, presidente dell’Assemblea Capitolina e tutte le autorità presenti. Sono grata ai professori Attilio Danese e Giulia Paola Di nicola, presidenti dell’Associazione AmarLui, per avermi invitato a prendere parte a questo evento.

Devo confessare che, sulle prime, l’invito mi ha un po’ spiazzato, perché non c’è un legame diretto tra Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi e il Movimento dei Focolari, che rappresento. Riflettendoci un po’, però, ho trovato molti punti di contatto tra la nostra spiritualità e la loro e, anzi, una grande sintonia. Non solo perché la santità è il grande comune denominatore di tutti cristiani, la meta cui tutti puntiamo nella Chiesa, ma anche perché il loro percorso di vita di laici è comune alla stragrande maggioranza di coloro che fanno parte del Movimento.

In sostanza ho visto riflessa nella vita di Maria e Luigi, nell’autenticità della loro testimonianza di cristiani e perciò anche di cittadini, la vita di quegli ormai milioni di laici che vogliono vivere la spiritualità portata da Chiara Lubich, la nostra fondatrice, e perciò cercano di vivere con una coerenza a volte eroica, quotidianamente il loro impegno come cittadini, il loro essere, o almeno sforzarsi di essere, tessuto sano del corpo sociale ed ecclesiale che compongono. Si tratta di padri e madri di famiglia, di operai, professionisti, giovani, ragazzi e bambini (senza escludere sacerdoti, religiosi e vescovi) impegnati in prima linea a portare avanti una silenziosa, seppur incisiva, rivoluzione d’amore in tutte le città del mondo.

Ripensando ad alcuni episodi della vita di Maria e Luigi, che a me sono apparsi significativi e nei quali ho riscontrato tante similitudini con le esperienze delle persone del Movimento  come del resto di chiunque segua la propria retta coscienza, ho avuto la conferma.

  • La famiglia, la radice sana della loro vita: un amore tenero e mai spento tra gli sposi che genera cittadini capaci di coerenza. Conosco tante famiglie che si impegnano, lottano perché non si spenga l’amore coniugale: proprio in esso trovano la forza non solo per non sfasciarsi, ma anche per aprirsi  all’impegno di cura per tanti, pensiamo all’accoglienza dei nonni in casa, col patrimonio di esperienza che portano, di zii, bambini handicappati, adottati, persone sole…. Maria e Luigi vissero i primi sette anni del loro matrimonio con in casa i genitori ed i nonni materni e di lei. Sicuramente non tutto fu liscio, le differenze caratteriali, culturali, soprattutto tra Luigi e la suocera, erano notevoli. Ma l’amore per Maria permetteva al suo giovane sposo di andare al di là delle difficoltà quotidiane. E che risultato: i quattro figli crebbero con l’idea che a casa si può e si deve rispettare e onorare la persona anziana! Pensiamo a quanto questo esempio potrebbe influenzare positivamente la vita di tante famiglie di oggi, affannosamente impegnate a trovare passatempi di vario genere per i bambini e magari con i nonni soli in un appartamento o – peggio – in una casa di riposo. Quale risorsa invece, anche solo per l’allocazione delle risorse economiche, una famiglia che vive unita! Oggi le famiglie che si sforzano di vivere così vanno controcorrente, spesso non possono permettersi gli ultimi ritrovati della società dei consumi, ma sperimentano la gioia che viene dallo stare insieme, uniti tra generazioni. E in quest’ottica anche i momenti di svago diventano momenti importanti. Scriveva Maria: “Di festa, qualche passeggiata in macchina nella campagna romana gustandone insieme le singole bellezze, visite a mostre, ad antichità, qualche volta al teatro. La festa attesa e desiderata: la tristezza e la noia mai”.
  • Ogni importante evento della vita della famiglia diventa occasione per far crescere la fusione del cuore e dello spirito. Così è per la nascita del primo figlio di Luigi e Maria e poi per quelle degli altri tre. Quando arriva l’ultima -“quella, come scrive la mamma, a cui i medici avevano proibito di nascere”- e la cui gestazione è causa di indicibili sofferenze  morali e fisiche, teneramente condivise – Maria dirà che proprio quei mesi così pesanti, per l’intervento della divina provvidenza, si erano trasformati in un’ulteriore fusione spirituale. In proposito è bene ricordare che il no al ginecologo che proponeva l’aborto terapeutico fu dato insieme contemporaneamente e spontaneamente da tutti e due gli sposi, pur essendo perfettamente consapevoli delle conseguenze.
  • Così è anche per lo svolgersi del vissuto con i figli, fusione e condivisione sono presenti sempre di più tra Maria e Luigi. Lei scrive che a seguire i bambini diventati fanciulli era sempre il papà nello studio, nei giochi, nelle gite, con costante cura; mentre a formare alla pietà era la mamma. Nell’educarli i due era erano pienamente concordi. Questo l’esempio e lo stile che tante famiglie nel mondo, tra cui quelle del nostro Movimento Famiglie Nuove, hanno fatto proprio e che trova un primo presupposto educativo nel fatto che i figli, più che di due genitori che li amano, hanno bisogno di due genitori che si amano. É noto che i bambini non sono dei “vasi vuoti” da riempire con contenuti educativi, ma persone che per crescere hanno bisogno piuttosto di un humus nel quale sviluppare le proprie potenzialità. L’amore evangelico tra i due genitori è esattamente quel buon terreno. Questo volersi bene é icona viva dell’amore che i genitori propongono ai figli di vivere. É risaputo infatti che le parole dei genitori, come di ogni altro educatore, hanno poco o nessun valore se la loro testimonianza non le conferma. Infatti anche i figli, più che di maestri hanno bisogno di testimoni, perché i bambini “ascoltano con gli occhi”.
  • Un altro principio che queste famiglie nuove cercano di tener presente è che i figli, prima di essere dei genitori, sono di Dio. É un atteggiamento dell’anima che assume concretezza nel sano distacco dalle aspettative dei genitori, per aiutarli a scoprire il disegno che Dio ha su ciascuno dei figli. Egli ha voluto dare ai genitori l’altissima dignità di diventare suoi cooperatori per dilatare e arricchire la Sua famiglia sulla terra. A loro il compito di accoglierli e di amarli col Suo stesso cuore, affinché nel loro cammino incontrino Gesù. È quello che succede nella famiglia Beltrame Quattrocchi. Quando, in breve successione di tempo, tutti e tre i figli  più grandi, in assoluta indipendenza, ad uno ad uno, manifestano la volontà di accogliere con giovanile entusiasmo la chiamata di Dio, i genitori d’accordo, all’unisono, acconsentono sereni, consci dell’onore che Dio fa loro. E forti di questa convinzione superano “le resistenze opposte dall’affetto umano”, così scrive la mamma. É superfluo specificare e quantificare il dolore nel vedere quasi deserto il focolare domestico sempre tanto unito. Ma Maria aggiunge che “l’assenza dei tre figli più grandi … ebbe come conseguenza una fusione più esclusiva, direi, dei genitori fra loro”.
  • Ancora sul rapporto con i figli, mi sono sembrate particolarmente toccanti alcune testimonianze date da membri di questa famiglia così speciale. Maria dice: “Dalla nascita del primo, ci demmo ad essi, dimenticandoci in loro. Le prime cure, i primi sorrisi, le risatine gioiose, i primi passi, le prime parole, i primi difetti che si manifestavano preoccupandoci. Studiammo libri di pedagogia infantile, cercammo di migliorarci noi, correggendo difetti, moderando il carattere, per amore di loro. Facemmo sempre in modo che si divertissero fra loro, senza che altri – non curati così – potessero guastare il nostro, certo imperfettissimo, ma scrupoloso lavoro. Poi la scuola. Poi lo scoutismo che ne continuava, completandola, la formazione e li preparava alla vita. Li vegliammo di giorno e di notte, gelosi che elementi mercenari potessero in qualche modo offuscarne le anime. Sentimmo che avevamo una tremenda responsabilità di quelle anime di fronte a Dio stesso che ce le aveva affidate, alla Patria di cui volevamo farne amorosi figlioli. Li allevammo nella fede, perché conoscessero Dio e lo amassero. (…) Avremmo indubbiamente sbagliato tante volte, perché “l’arte delle arti” non si esercita senza serie difficoltà. Ma una cosa è certissima: come un’anima sola, aspirammo al loro migliore bene, rinunziando a tutto ciò che poteva portare qualche danno ad essi, anche se doveva costarci qualche privazione. Ma la gioia della dedizione compensò largamente tutto il resto, poiché è gioia divina.” 

Il figlio, padre Paolino, ormai ottantenne, osserverà che questa attenzione ai principi di fondo non intaccava il clima di serenità nella famiglia: “Ho un ricordo rumorosamente lieto della nostra casa. L’atmosfera era gioiosa, priva di bigottismo o di musoneria”.  Ed Enrichetta, oggi qui presente tra noi, a sua volta, metterà in luce l’intenso rapporto di affetto e di comprensione esistente tra i genitori: “E’ ovvio pensare che possano essersi verificate talvolta delle divergenze di opinione o di apprezzamento, ma noi figli non abbiano mai avuto modo di constatarle. Gli eventuali problemi li risolvevano tra di loro, con il dialogo, in modo che una volta concordata la soluzione, il clima rimanesse sempre sereno e armonioso”. 

Quanta profondità e sapienza in questo cercare le soluzioni ai problemi insieme e poi dare ai figli il frutto dell’unità cercata, (a volte faticosamente) costruita nella coppia, consumando in se stessi o nel rapporto col partner la fatica, il rinnegamento che ciò comporta. Un esercizio sicuramente impegnativo, però fondamentale per chi vuole percorrere la strada della vita non da solo, ma legato in cordata con altri, col coniuge innanzitutto, ma anche con quelle famiglie di famiglie che sono sia la Chiesa che la società civile. La rettitudine (la santità) della vita del singolo è così la base per la rettitudine (la santità) dell’intero corpo sociale, per una rettitudine (santità) collettiva.

  • Da quest’ultimo aspetto discende un’altra profonda esperienza di una famiglia di cristiani, cioè di cittadini autentici, come recita il titolo del nostro convegno: l’economia della famiglia Beltrame Quattrocchi era improntata ad una vita sobria e dignitosa, che permettesse di avvicinare chiunque senza metterlo o sentirsi a disagio; il ricco come il povero. Un modello che, vissuto su larga scala, può rivoluzionare i rapporti sociali (ed anche tra le nazioni). Usare i beni per quello che è giusto, senza che manchi a chi ci sta intorno il necessario, anzi misurando le nostre esigenze sulla base delle necessità dei poveri. Questo aspetto si chiama “comunione dei beni” e si vive  sia con i beni spirituali che con quelli materiali. Sulla profonda comunione spirituale di Luigi e Maria ho già detto. Vorrei aggiungere solo un particolare su quella materiale. Non indugiarono ad accogliere in casa l’ultimogenita della famiglia che abitava al piano sottostante, i cui genitori erano morti a causa dell’epidemia di “spagnola”, lasciando tre orfane. I nonni avevano accolto le prime due, ma la più la piccola non avevano potuto prenderla e così venne accolta dai Beltrame Quattrocchi, che furono criticati non poco da parenti e amici (si pensi al pericolo del contagio), ma le esigenze di chi era nel bisogno facevano da unità di misura delle proprie. Così la piccola rimase a lungo con Maria e Luigi e per tutta la vita mantenne viva l’amicizia con i loro figli, fino a partecipare, ormai anziana, alla beatificazione in S. Pietro nel 2001!
  • Mi piacerebbe parlare anche della vita professionale di Luigi, se non altro perché, avendo io stessa svolto la professione di avvocato, sento una particolare affinità con lui, che interpretò al meglio l’altissimo compito dell’avvocatura, che è la ricerca della verità e non, come spesso viene erroneamente inteso, travisamento di essa. Ma di ciò parlerà il presidente dell’Ordine degli Avvocati.

Concludo con un riferimento alla mia storia personale: l’incontro con alcuni cristiani autentici qui a Roma, quando vi arrivai dalla Calabria per gli studi universitari, diede un orizzonte del tutto nuovo alla mia vita, facendomi scoprire la pienezza e la strada che Dio aveva pensato per me. In quel manipolo di persone, cristiani, cittadini autentici, però, non vidi solo un’esperienza religiosa, ma il germe di una città nuova, di una società nuova, di un’umanità nuova. Questa penso sia stata l’esperienza generata anche da Luigi e Maria. Voglio augurarmi che lo stesso si possa dire anche di tutti noi che stasera in Capidoglio li ricordiamo e vogliamo imitarli!

Giovanni Scifoni domenica 16 dicembre 2018

22 maggio 2018
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Sabato 29 e domenica 30 aprile, io e mia moglie, siamo stati a Cetraro Marina in provincia di Cosenza per tenere due incontri in occasione di un convegno dedicato alle coppie organizzato dalla diocesi di Scalea-San Marco Argentano. L’obiettivo era presentare alle coppie di sposi l’esperienza coniugale di Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, e ciò è avvenuto nella serata di venerdì. Invece i nostri due interventi hanno riguardato l’Amoris Laetitia (nella serata di sabato) e la presentazione dell’esperienza coniugale dei coniugi Maritain (nella mattinata di domenica). 

Il nostro intervento sull’Amoris Laetitia è stato svolto in continuità con quanto la sera prima si era detto sui coniugi Beltrame-Quattrocchi. Si è sottolineato come Papa Francesco abbia voluto ancora una volta affermare il suo concetto di famiglia cristiana, che deve avere come modello la famiglia di Nazareth ma che allo stesso tempo deve imparare gradualmente a rapportarsi con essa senza farsi prendere troppo dalla consapevolezza della propria piccolezza. Si tratta di un documento che si pone in continuità con il magistero dei pontefici precedenti pur con l’inserimento di alcune novità fondamentali circa il modo di rapportarsi della chiesa con le coppie. Secondo Papa Francesco oggi la chiesa è un ospedale da campo, e quindi occorre rimboccarsi le maniche per sopperire a quelle che sono le ferite delle coppie. Riguardo le situazioni irregolari non si tratta solo di capire se dare o non dare l’Eucarestia ma soprattutto di accompagnare anche queste coppie in modo che anche loro possono sentirsi parte integrante del popolo di Dio. 

L’incontro è terminato con l’ascolto del brano della Volpe e la Rosa tratto dal Piccolo principe.

Nella giornata di domenica, invece, si è presentata l’esperienza della coppia di intellettuali e sposi cattolici del Novecento Jacques e Raissa Maritain. Jacques e Raïssa sono una pietra miliare della cultura cristiana ed europea del Novecento. Hanno vissuto una storia di amore e di ricerca della verità che li ha portati alla conversione personale e di coppia. Si sono lasciati guidare dallo Spirito, che ha infiammato il loro cuore e li ha resi creativi nel campo della cultura.

L’esperienza di Raïssa e Jacques Maritain  ci ha permesso di approfondire alcune tematiche come il potere terapeutico e salvifico dell’amore reciproco;  le molte facce della fecondità sponsale, non limitata solo alla procreazione; la laicità e la coniugalità come vie di santità. 

Di seguito riportiamo quanto hanno scritto alcune coppie al termine dell’incontro. Hanno risposto alla domanda “Quale impegno mi porto:”.

Il nostro impegno, dopo 45 anni di matrimonio, è…..per sempre!

L’importante nella vita di coppia e di famiglia è il reciproco rispetto, capirsi e capire l’importanza dell’altro e se Dio vorrà essere Santi nella vita di tutti i giorni. Questo è il nostro impegno: essere testimoni della presenza di Gesù nella nostra famiglia.

Noi stasera portiamo a casa una maggiore forza nell’anima per continuare a tendere la mano al fratello che busserà alla nostra porta.

Ci portiamo dentro il vostro amore per Gesù che riuscite a portare agli altri con grande semplicità ed umiltà. L’impegno che vogliamo prendere è quello di far crescere di più l’amore per Gesù nella nostra famiglia e cercare di conseguenza di aprirci agli altri con carità.

Ci portiamo una certezza per noi e per gli altri: abbiamo sempre bisogno della grazia di Dio. Il nostro impegno è credere e sperare nel Signore, vedere Gesù in ogni uomo, sentirsi responsabili dell’altro, coltivare le rose che ci vengono affidate e anche spazzare il cratere del nostro vulcano.

Continuare insieme il cammino che abbiamo iniziato cercando di rendere nostre più rose possibili.

Ci impegnamo a testimoniare sempre più e sempre meglio la spiritualità e l’amore coniugale.

Vogliamo essere più presenti come coppia e camminare insieme, non stancarsi di perseverare sempre e ricostruire  ogni giorno il nostro rapporto ed il rapporto con gli altri.

La vita di coppia è una grazia di Dio, dobbiamo amarla e rispettarla attraverso i gesti reciproci. Ci impegnamo ad amare l’immagine di noi, e la presenza di Dio nella nostra famiglia.